Indennità integrativa speciale Inps

Sono in partenza moltissime lettere dell’Inps a tanti prepensionati della pubblica amministrazione, il motivo?
Riavere il denaro versato a seguito dei calcoli di riliquidazione dell’indennità integrativa speciale.

Si tratta di importi che variano da un minimo di 200 euro e che possono arrivare fino a 5 mila euro a soggetto.

La legge è cambiata in senso restrittivo, andando contro la decisione presa nel 2011 dalla Corte dei Conti a favore dei pensionati.
La Cisl ha sottolineato che tutti i contribuenti dovranno pertanto riversare quanto “non dovuto”.

Coloro i quali non d’accordo con le richieste avanzate dall’Inps intenderanno procedere per vie legali, correranno il rischio di vedersi addebitate anche le spese.

Il tutto ha avuto origine con la legge 79/83. Nel mese di marzo del 2011, la Corte dei Conti riconosce il diritto agli incrementi dell’indennità integrativa speciale Inpdap, per quanto concerne il suo intero importo. Il provvedimento era prestabilito per coloro che sono andati in pensione anticipata tra gli anni 1983 e 1994, al compimento dei 65 anni.

La sentenza della Corte dei Conti, essendo esecutiva, ha dato modo ai pensionati di incassare dall’Inps il dovuto.
Pochi mesi più tardi la Finanziaria del governo Berlusconi modifica la norma: gli incrementi vanno conteggiati sul periodo fino a quando il lavoratore va in pensione, e quindi non al compimento dei 65 anni di età.

Adesso quindi l’Istituto di previdenza vuole riprendersi il denaro versato.

Secondo i sindacati è inutile presentare ricorso, per evitare, oltre al danno subito, anche la beffa di vedersi addebitate ulteriori spese.