Riforma pensioni Monti anche per gli iscritti Inpdap

La “cura” Monti inizia a farsi sentire con il ritorno dell’Ici sulla prima casa e la riforma delle pensioni.

Il programma per il risanamento del governo Monti non è ancora stato svelato ma una cosa è certa: la scelta di Elsa Fornero per il Ministero del Welfare significa che vi saranno grandi cambiamenti nel mondo del lavoro.

La docente di Economia Politica all’Università di Torino e vicepresidente del consiglio del Gruppo di Intesa Sanpaolo è famosa per la sua esperienza in materia previdenziale.

Al centro delle manovre correttive da adottare, specialmente in tema pensione, anche per gli iscritti Inpdap,  ci sarebbe la sostenibilità dei sistemi. In sintesi se una generazione contributiva incassa in pensioni più di quanto ha pagato mette a rischio le pensioni della generazione successiva.

Per questo motivo la Fornero è una chiara sostenitrice del “metodo di calcolo contributivo” pro rata delle pensioni. In questo caso le pensioni sarebbero più basse ma maggiormente eque.

Una proposta di legge che, di fatto, cancellerebbe i privilegi pensionistici della legge Dini. La proposta della Fornero non è mai piaciuta al precedente Governo Berlusconi, che aveva avuto ben più di una discussione con la Lega Nord per la riforma delle pensioni, volendole portare a sessantasette anni, in base alle direttive avute dall’Unione Europea.

E’ cosi che la soglia minima per il pensionamento arriva a 63 anni, tuttavia con uno scalino visto che per il prossimo anno bisogna ancora raggiungere quota 96 ( somma derivante dagli anni d’età più gli anni lavorativi). Un sistema flessibile di pensionamenti che può portare il lavoro ad andare in pensione anche a settant’anni.

Sembra oramai certo quindi che la manovra di Monti partirebbe da un’età minima per i pensionamenti di 63 anni a una massima di 70 anni, volta a scoraggiare chi ha intenzione di andare in pensione prima dei 65 anni, incentivando chi supera i 66 anni.

Quali sarebbero i trucchi adottati da Monti? L’adozione del sistema contributivo puro, oppure un meccanismo fatto di penalizzazioni, come quello della proposta Baretta-Damiano ( forbice 62 – 70anni): 3% in meno con 64 anni, 6% in meno con 62 anni.

Insomma più tardi si va in pensione più si è premiati a livello contributivo, più contributi = pensioni più alte.

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